Perchè non dobbiamo aver paura delle figure di sostegno.
Doula e dintorni: un tentativo
di fare chiarezza
A cura
di CreAttivaMente Ostetriche
Quello dell'’ostetrica è tra i
ruoli sociali più antichi della storia dell’'umanità. E’ la donna che assiste il
travaglio e il parto, conosce le donne della propria comunità, le loro storie, il
loro stato di salute e le accompagna durante tutto l’arco della vita. E'’ una
figura che esiste in tutte le società, da sempre.
Esistono altri ruoli sociali
femminili, figure di supporto che sono presenti nei momenti importanti della
vita di una donna e la sostengono, offrendo aiuto pratico ed esperto nella
gestione quotidiana. Una di queste è quella che oggi chiamiamo doula. È una
donna che ha già vissuto l'esperienza della maternità e che sta accanto ad
altre donne in questo speciale momento. Il nome trae origine dalla parola greca
schiava ed è stato scelto proprio per
significare l’estrema disponibilità di ascolto e sostegno che questa
figura vuole offrire alle donne.
Da wikipedia : La doula è una
figura assistenziale non sanitaria che si occupa del supporto alla donna
lungo tutto il percorso, dalla gravidanza fin dopo la nascita. È una donna che,
forte della sua esperienza personale e della sua preparazione, offre un
sostegno su misura, intimo e confidenziale, nel pieno rispetto delle scelte
delle persone che si rivolgono a lei.
L'antropologa Dana Raphael usò per prima questo
termine, per riferirsi a madri già con prole a carico, che assistevano le
neo-madri nell'allattamento e nelle prime cure al neonato. Così il termine
sorse inizialmente in riferimento al contesto del postpartum. Ma sappiamo quanto
il sostegno emotivo assuma significato e importanza durante il travaglio: i
ricercatori medici Marshall Klaus e John Kennell condussero studi clinici
randomizzati dimostrando i vantaggi per la salute a breve e lungo termine della
presenza silenziosa e non disturbante della doula durante il parto. Dunque una
figura femminile di sostegno, non sanitaria: una "buona madre" che conforta e sostiene. Nei paesi anglosassoni le
doula si prendono carico anche di sostenere la donna nella sua scelta di
interruzione della gravidanza: la "abortion
doula" si offre di accompagnare un'altra donna in questo percorso,
quando le difficoltà contingenti lo rendono troppo difficile e penoso.
Ma chi è l'ostetrica?
Da
wikipedia: L'ostetrica è una
professionista sanitaria che, in possesso del diploma universitario abilitante
o della laurea e dell'iscrizione all'albo professionale, assiste e consiglia la
donna nel periodo della gravidanza, durante il parto e nel puerperio, conduce e
porta a termine parti eutocici con propria responsabilità e presta assistenza
al neonato. Inoltre partecipa ad interventi di educazione sanitaria e
sessuale nell'ambito della famiglia e
nella comunità; alla preparazione psicoprofilattica al parto; alla preparazione
e all'assistenza ad interventi ginecologici; alla prevenzione e
all'accertamento dei tumori della sfera genitale femminile; ai programmi di
assistenza materna e neonatale. Contribuisce anche alla formazione del
personale di supporto e concorre direttamente all'aggiornamento relativo al
proprio profilo professionale e alla ricerca. L'ostetrica individua situazioni
potenzialmente patologiche che richiedono intervento medico e pratica le
relative misure di particolare emergenza. L'ostetrica opera nei consultori pubblici e privati, dove oltre a
essere un costante punto di riferimento per le donne, riguardo all'uso della
contraccezione e dell'interruzione della gravidanza, esegue pap test, tamponi,
visite in gravidanza,segue la crescita dei bambini fino ai due anni, tiene
corsi di accompagnamento alla nascita, sostegno all'allattamento e riabilitazione del pavimento pelvico.
Anche se nella medicina moderna si è affermata
come la figura sanitaria di riferimento per la salute sessuale e riproduttiva
della donna, l'ostetrica, come la doula, è una figura di cura e sostegno, che
nasce come sapere femminile trasmesso e arricchito da una generazione all'altra.
Perché allora, se le due figure hanno competenze diverse e non sovrapponibili, sembrano tanto
difficili la convivenza e la collaborazione tra ostetriche e altre figure di
sostegno alle donne?
Abbiamo provato ad analizzarne le ragioni,
raccogliendo le nostre idee, esperienze, perplessità, timori. Proponiamo in questo documento una sintesi
di quelle che sono a nostro avviso le opportunità e i rischi della presenza sempre
maggiore di figure di supporto di diverso tipo (doula, mother assistant, educatrici
perinatali, mamme di sostegno tra pari e altre). Consideriamo questo documento
un punto di partenza, una riflessione in
progress che vorremmo approfondire e allargare a quante si occupano di
salute al femminile.
Cosa implica la presenza di figure di supporto non professionali dalla prospettiva delle donne? Cominciamo con le opportunità.
Il bisogno emergente di
non essere lasciate sole. Ci sembra che la presenza di queste figure di supporto risponda oggi
a un bisogno emergente delle donne, delle coppie e delle famiglie. Da sempre,
le donne sono state sostenute da altre donne durante la nascita e il puerperio.
Mentre la levatrice si occupava della parte più direttamente legata alla salute
della madre e del bambino, le nonne, le sorelle, le madri, all’interno della
comunità di donne, si prendevano cura della neomamma. I profondi cambiamenti
sociali, la famiglia mononucleare, la disaggregazione sociale legata
all’urbanizzazione, la permanenza al lavoro delle donne (madri, nonne) fino ad
un’età avanzata, hanno fatto venire meno questa rete di sostegno da donna a
donna nelle società moderne. Pensiamo alle donne. Dopo la dimissione dall’ospedale
sono sole. Non solo manca la continuità assistenziale professionale
dell’ostetrica e le visite in puerperio a domicilio garantite, ma manca
soprattutto il sostegno quotidiano all’interno della famiglia e della comunità.
E’ normale ed è, anzi, un’opportunità, che laddove il bisogno delle donne continui
a essere presente subentrino altre figure di sostegno. Il sostegno tra pari è
considerato da tempo nel mondo scientifico una buona pratica ed è comune e
molto diffuso in vari ambiti della salute pubblica. Nel percorso della nascita,
è raccomandata dalle più importanti politiche nazionali, incluse le iniziative
Amiche del Bambino promosse da OMS e Unicef e sostenute dal Ministero della
Salute.
Il bisogno di sostegno
emotivo e di aiuto pratico. Le donne, le coppie, hanno diversi bisogni. Tra questi c’è il
bisogno di sentirsi comprese, non giudicate, sostenute emotivamente e
praticamente nel quotidiano. Le figure di sostegno, doula, mamme di sostegno,
mother assistant e altre, fanno anche questo. Sono presenti, come un albero alla cui ombra la neomamma si
può fermare a riposare. E offrono quell’aiuto pratico di cui una coppia con
un bambino piccolo ha tanto bisogno; aiutano la coppia a fare il punto dei
propri bisogni e se ne prendono cura con l’ascolto e con attività concrete, come
occuparsi dei bambini più grandi o verificare che in frigo ci sia qualcosa da
mangiare. Queste attività di cura sono, da sempre, patrimonio del sostegno
delle donne alle donne.
La “cura” come patrimonio
della vita quotidiana. Le cure che si prestano al proprio bambino possono tornare a far
parte della cultura della donna e della coppia. Attualmente le coppie si
rivolgono al professionista per ogni cosa, anche quando le cose fanno in realtà
parte della normalità quotidiana. La presenza di altre mamme, non
professioniste, stimola i neogenitori a fare appello alle proprie risorse,
promuove empowerment e rinforza la
cultura della normalità.
Quali sono i
rischi legati alla presenza di figure di supporto non professionali, visti
dalla prospettiva delle donne?
L’affidabilità della
figura di sostegno. Per “affidabilità” intendiamo il fatto che ciò che la figura di
sostegno dice o fa sia adeguato. Questo concetto è fortemente collegato alla formazione delle figure di sostegno,
attualmente non regolamentata e comunque non verificabile dalle coppie, e
all’assunzione di responsabilità per il proprio operato. Al momento non è
possibile per una coppia capire esattamente che tipo di formazione abbia
ricevuto la figura di sostegno. Su questo punto c’è molta confusione che
aumenta quando viene usata la parola “professione” e titoli accademici come
“dott.ssa”. Dire “dott.ssa Paola Rossi, doula” è confondente per l’utenza,
perché induce a pensare che la doula sia portatrice di una laurea. Se Paola
Rossi è economista, farmacista, sociologa, fisico nucleare, avvocato o altro,
il titolo di Dottore va usato in modo appropriato. Non intendiamo mettere in
discussione la qualità di tutti i corsi di formazione per figure di sostegno,
su cui sarebbe comunque opportuno fare maggiore chiarezza, ma riteniamo che la
trasparenza nei confronti dei cittadini sia essenziale. Il secondo aspetto
riguarda la verifica dell’operato delle
figure di sostegno. Se esiste, per le professioni sanitarie, un chiaro
quadro normativo e giuridico di riferimento, non è la stessa cosa per le figure
di sostegno. In assenza di una regolamentazione in materia, attualmente non è
possibile verificare la competenza e l’aggiornamento di queste figure. Nel caso
in cui la formazione non sia verificabile e la competenza dubbia, si rischia di
aggiungere ulteriori presenze di disturbo sul percorso della mamma e del bambino.
Non solo. Informazioni errate o atti pericolosi possono essere un rischio per
la salute della madre e del bambino. Questo può accadere anche con i
professionisti sanitari, ma in questo caso la malpractice è soggetta al controllo dei servizi sanitari e degli
ordini professionali oltre che sanzionabile per legge.
La - poca - chiarezza sul
ruolo.
Un altro rischio è legato al significato di alcune parole, che possono essere
interpretate dalle donne come appartenenti ad una professione sanitaria. Infatti,
"assistere" un travaglio in campo sanitario vuol dire mettere in atto
una competenza professionale sanitaria ben definita e specifica, al contrario
nel linguaggio comune la parola "assistere" allude al semplice essere
presente. Lo stesso equivoco può nascere con espressioni come “assistere” la
gravidanza, il parto, il puerperio o “accompagnare l’allattamento”. Sono
termini che, usati in ambito sanitario, acquisiscono una precisa valenza. Se
utilizzati da figure di sostegno possono indurre le donne e le coppie a
confondere i ruoli e ad avvalersi di un servizio credendo, invece, di avere a
che fare con una figura sanitaria.
Vediamo ora cosa implica la presenza di figure di
supporto non professionali dalla prospettiva
delle ostetriche. Cominciamo con le opportunità.
Un’azione sinergica per obiettivi
comuni. Il percorso
della nascita è oggi dominato da figure mediche che, come mostrano chiaramente
i dati epidemiologici, seguono la quasi totalità delle gravidanze fisiologiche,
spesso nel settore privato. Negli anni, questo fenomeno ha prodotto una profusa
medicalizzazione della gravidanza, del parto e dell’allattamento. Nelle
gravidanze fisiologiche i costi e gli esisti di salute sono migliori (ad
esempio per il minore ricorso a inutili indagini diagnostiche in gravidanza, al taglio cesareo e all’uso di sostituti del
latte materno) quando l’assistenza è garantita da figure professionali, come
l’ostetrica, preposte alla fisiologia. La collaborazione attiva tra ostetriche
e doula, mamme esperte o altro, può essere utile per promuovere percorsi “di
cura” (la care degli anglosassoni)
centrati sulla fisiologia, sull’empowerment e sulla reciproca valorizzazione
come figure professionali e di sostegno, ognuna per la propria competenza.
Concentrarsi sul proprio ambito
sapendo che l’altra farà il resto.
Chi segue i puerperi a domicilio conosce la frustrazione che spesso si prova in
queste situazioni. Sono qui adesso, ti offro ascolto, empatia, competenza
professionale, ma poi me ne torno al consultorio o nel mio ambulatorio, mentre
tu avresti tanto bisogno di qualcuno che ti tenga il piccolo mentre ti fai una
doccia, o che faccia qualche lavatrice, che parli con la suocera indirizzandola
verso le cose utili da fare in questo momento come ad esempio cucinarti
qualcosa di buono mentre tu allatti invece di voler a tutti i costi nutrire il
piccolino con un biberon. O qualcuno che dia un’occhiata alla poppata e ti dica
che va tutto bene e che ti aiuti a gestire il bambino più grandicello, i cui
bisogni in questo momento rischiano di passare in secondo piano. Per quanto
siamo piene di buona volontà, ci sono bisogni delle neomamme e delle coppie a cui
non siamo in grado di rispondere. Le figure di sostegno fanno questo. E spesso
lo fanno molto bene. Sono l’opportunità per le donne di non trovarsi da sole
quando tornano a casa senza, cito una puerpera, “le istruzioni per l’uso”.
Questo significa che possiamo insieme “prenderci cura della madre”, e se io
domani non sarò in questa casa, a meno che non ci sia un bisogno specifico, la
doula o la mamma di sostegno ci sarà. E se lavoriamo in sinergia, di fronte a
qualsiasi segnale di disagio o problema, saremo in grado di fare insieme il
punto della situazione e decidere come procedere, ognuna per la propria parte.
Da donne, questa è l’assistenza alla quale abbiamo diritto.
Un valido supporto all’assistenza
professionale. Le
figure di sostegno possono essere una risorsa e un supporto anche per
l’ostetrica. Condividiamo il supporto emotivo alla coppia, l’offerta di
informazioni, il sostegno e la gestione di alcuni aspetti di fisiologia. Una
mamma di sostegno ben formata è in grado di valutare una poppata e di dare
informazioni di base alla mamma, riferendo eventualmente al consultorio,
all’ostetrica o al pediatra i casi che richiedono una competenza professionale.
Queste figure rappresentano sia una concreta opportunità per le donne di avere
accanto qualcuno che le sosterrà nella scelte che la nuova condizione pone
davanti, sia una preziosa collaborazione per le ostetriche che, spesso, non
riescono a rispondere alle difficoltà pratiche che nascono con una nuova
famiglia. Certo le ostetriche e i medici
possono essere anche "doule" e non il contrario, ma il loro ruolo
sanitario non prevede, giustamente, l’aiutare nelle faccende domestiche, nella
gestione degli altri figli, nel sostegno emotivo prolungato, che invece è
storicamente il primo compito di quella famiglia che nel nostro tempo si è
spesso ridotta al piccolo nucleo centrale.
Quali sono i
rischi legati alla presenza di figure di supporto non professionali dalla prospettiva delle ostetriche?
Sconfinamento e “abuso di
professione”. Sappiamo che tra diverse figure,
professionali e non, non ci sono mai confini netti ma zone grigie dove le
diverse professioni si incontrano e si integrano (e a volte si scontrano). E’
così con gli psicologi che si occupano di accompagnamento alla nascita, con i
pediatri e ginecologi, con gli infermieri e infermieri pediatrici, osteopati, fisioterapisti,
educatori, con le mamme di sostegno e via dicendo. Ma quando siamo nell’ambito
delle professioni regolamentate i confini, per quanto sfumati, sono abbastanza
chiari sia a noi sia ai cittadini. Nel caso delle figure di sostegno non è così
e spesso incappiamo in situazioni nelle quali le donne non hanno affatto capito
che essere seguite in gravidanza e durante il parto da una doula non è la stessa cosa di essere seguita
da un’ostetrica. In alcuni casi, la scelta della donna è basata sull’opzione
economicamente più vantaggiosa, non avendo chiara la differenza tra competenza
professionale e sostegno. E’ molto importante a nostro avviso fare chiarezza su
quali siano i confini della figura di sostegno, e renderli comprensibili in
maniera inequivocabile anche alle persone che fanno ricorso ai loro servizi. Riteniamo
che gli abusi di professione, qualora accertati, vadano perseguiti.
Concorrenza sleale in un
mercato del lavoro stagnante. Il titoletto è volutamente provocatorio. Quelle
di noi che hanno anni di esperienza e sono inserite nel sistema non si sentono
minacciate dalle figure di sostegno che, al contrario, vediamo come preziose
alleate. Ma il pensiero va necessariamente alle nuove generazioni di
ostetriche. In assenza di volontà politiche forti, le ostetriche non
riusciranno a recuperare quella collocazione a fianco delle donne che hanno
avuto in passato. Da troppi anni siamo state relegate nelle sale parto, spesso
scollegate dai contesti territoriali e comunitari, viviamo sulla nostra pelle
la demonizzazione del parto a casa (altro che Evidence-Based Medicine, manco le
streghe!), partecipiamo troppo marginalmente all’assistenza alla gravidanza e alla
formazione universitaria, che è ancora gestita prevalentemente da medici e poco
centrata sulla promozione della salute, sulla fisiologia e sull’empowerment. In
questo quadro e con l’attuale contrazione del mercato del lavoro, le giovani
laureate hanno poche speranze di trovare la propria strada. E’ urgente far
ripartire i modelli di midwifery care basati sulla continuità
assistenziale e sull’assistenza one-to-one. Non possiamo delegare alle giovani
laureate il compito di ricavarsi spazi assistenziali nel settore privato. In un
mercato del lavoro asfittico, con la competizione di altre figure mediche, come
i ginecologi, e la presenza di figure di sostegno che offrono – in apparenza –
gli stessi servizi, le giovani generazioni hanno poca speranza di trovare una
propria collocazione.
I punti di cui sopra non sono esaustivi, sono
quelli che abbiamo condiviso in ore di discussione tra noi e con altre colleghe
di diversa età ed estrazione professionale.
Ci sono alcune azioni che secondo noi sono
urgenti.
1. Fare chiarezza sui ruoli. Le istituzioni
ostetriche, le associazioni di riferimento delle figure di sostegno e i media
devono impegnarsi a fare chiarezza sui ruoli. Anche le singole persone devono
avere la correttezza di spiegare all’utenza quali siano i servizi offerti e
quali i confini. Per questo, le istituzioni ostetriche e le associazioni
potrebbero concordare un documento
comune, da diffondere attraverso i media e nell’assistenza diretta, che
spieghi quali sono le differenze e le sinergie e, soprattutto, in quale modo le
figure professionali e di sostegno rispondano a specifici bisogni delle donne e
delle coppie e quali siano i vantaggi di ricevere un’assistenza centrata sulla
fisiologia rispetto all’assistenza medica, più votata alla patologia.
2. Fare chiarezza sui
termini.
Chiarire in modo inequivocabile quali siano i termini da usare per le diverse
figure coinvolte, ad esempio, nel percorso nascita. Per evitare equivoci, il
termine “assistenza” dev’essere, secondo noi, riservato all’assistenza
professionale secondo quanto stabilito dalla legge. Per le altre forme di
sostegno sarà necessario proporre una terminologia ad hoc. Il documento
proposto al punto precedente potrebbe aiutare a fare chiarezza anche in questo
senso.
3. Intraprendere azioni
urgenti di promozione della fisiologia e delle sue professioniste. Crediamo che le
istituzioni ostetriche debbano intraprendere azioni urgenti per promuovere la
presenza delle ostetriche in tutte le sedi in cui sia necessario
l’accompagnamento professionale per la salute della donna e dell’età evolutiva,
richiedendo con forza l’attivazione di modelli di continuità assistenziale che
includano, tra l’altro, gli ambulatori per la gravidanza fisiologica, l’offerta
attiva di Incontri di Accompagnamento alla Nascita, l’assistenza al parto e al
puerperio a domicilio, la riabilitazione del pavimento pelvico, l’accompagnamento
e l’assistenza all’allattamento. E non solo. E’ necessario garantire a tutte le
donne l’accesso agli screening e alle attività di prevenzione. Ogni donna che
muore oggi di cervico-carcinoma è uno schiaffo al sistema. Vanno intraprese
azioni urgenti per garantire l’accesso di tutte le donne ai servizi e
promuovere l’inserimento professionale delle giovani laureate. L’alleanza con
le donne, con le associazioni e con le figure di sostegno è uno degli strumenti
per portare queste istanze nell’agenda politica.
4. Garantire la competenza
delle laureate in ostetricia, in particolare nella gestione della fisiologia. Crediamo che sia
importante investire con sempre maggiore vigore nella formazione curricolare
universitaria, garantendo che tutte le laureate abbiano padronanza della
gestione autonoma dell’assistenza alla fisiologia nel percorso nascita, alla
gravidanza, al parto, all’allattamento e in tutti gli ambiti di competenza
ostetrica. Per questo, i percorso di formazione devono garantire tirocini e
accompagnamento all’assistenza autonoma, anche dei parti e dei puerperi a domicilio.
Per concludere, crediamo che le doula, come altre figure di sostegno, siano la migliore
espressione dell’empowerment femminile. Sono quelle donne che, forti della
propria esperienza, decidono di crescere e di costruirsi una competenza da
mettere al servizio delle altre donne. Sono quelle che vorremmo avere nei
gruppi durante gli incontri di accompagnamento alla nascita, nel dopo parto, per
la menopausa, trascinatrici, visionarie, piene di energia, proattive per sé e
di stimolo per le altre, sorelle, anche un po’ rompiscatole. Molte di noi, se
non fossero ostetriche, sarebbero “donne di sostegno” perché l’idea della
sorellanza è parte del nostro modo di essere ostetriche.
In una società ideale, ostetrica e figure di
sostegno dovrebbero entrambe essere presenti a fianco della mamma e della
famiglia e lavorare in sinergia. In altri Paesi, come la Francia e
l’Inghilterra, la presenza della doula o della mother assistant a domicilio è
presa in carico dal servizio sociale.
In questa fase, riteniamo che la posizione di
chiusura delle istituzioni ostetriche non aiuti, mentre aiuterebbe parlare
della differenza dei ruoli e cercare sinergie per offrire migliori servizi alle
donne e maggiori opportunità di inserimento professionale per le giovani. Una
collega del servizio pubblico ci ha riferito che, da quando lavora in
collaborazione con le associazioni di sostegno, l’ostetrica è ritornata a
essere una figura di riferimento nel percorso nascita e sono aumentate
significativamente le richieste di assistenza alla gravidanza fisiologica da
parte dell’ostetrica. Questa sinergia è nell’interesse di tutte le figure
coinvolte.
Rinunciare al confronto, al dibattito sui punti
che ci stanno più a cuore significa lasciare spazio a una sola voce. Noi
vogliamo parlarne, discuterne nelle sedi istituzionali e non, e cercare
soluzioni che vadano nell’interesse di tutti, prima di tutto delle donne.
Il Direttivo di CreAttivaMente Ostetriche